Concordato minore: procedura ed effetti

Il concordato minore è una procedura molto importante all’interno del ventaglio di soluzioni della composizione della crisi da sovraindebitamento, rivolta a professionisti, imprenditori minori e altri soggetti che non sono assoggettabili alle tradizionali procedure concorsuali.

Introdotto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), lo strumento è dunque molto utile per offrire una via d’uscita strutturata a quei contribuenti che si trovano in una situazione finanziaria compromessa, mediante il ricorso a una proposta di ristrutturazione del debito che mira a soddisfare i creditori secondo modalità sostenibili per il debitore.

Cos'è il concordato minore e a chi si rivolge

Per apprezzare in maniera coerente i vantaggi di questo istituto, si può iniziare ricordando che il concordato minore costituisce una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento pensata per specifiche categorie di debitori che non hanno i requisiti per giungere ad altre soluzioni tradizionali. A differenza di altre misure, inoltre, questa non è accessibile al consumatore, per il quale esistono comunque altri strumenti dedicati.

Sono dunque interessati da questa misura coloro che si trovano in una condizione di sovraindebitamento come definito dall’art. 2 del CCII, ovvero in uno stato di crisi o insolvenza che colpisce professionisti, imprenditori minori, imprenditori agricoli, start-up innovative e altri soggetti non sottoposti alla liquidazione giudiziale o a procedure liquidatorie speciali.

La procedura si distingue per la sua natura negoziale: il debitore formula una proposta di soddisfacimento dei crediti che viene sottoposta alla valutazione dei creditori e, successivamente, al giudizio di omologazione del Tribunale. La caratteristica principale risiede proprio nella possibilità di ristrutturare il debito secondo un piano sostenibile, offrendo così una seconda opportunità a chi si trova in difficoltà finanziarie senza dover necessariamente liquidare tutto il proprio patrimonio.

Come inizia la procedura di concordato minore

L’accesso al concordato minore è un’iniziativa che parte esclusivamente dal debitore. Nel caso di società, la decisione deve essere assunta dagli amministratori, come stabilito dall’articolo 120-bis del CCII, seguendo formalità specifiche: deve infatti risultare da verbale redatto da notaio e deve essere depositata e iscritta nel Registro delle imprese, garantendo così trasparenza e certezza giuridica alla scelta dell’impresa.

La procedura procede poi formalmente con il deposito, presso la cancelleria del Tribunale competente, di un ricorso comprensivo di piano e proposta. Nell’iter, importante è anche il coinvolgimento obbligatorio dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC), che assiste il debitore nella formulazione della proposta. Con lo stesso ricorso, il debitore può richiedere l’applicazione di misure protettive che impediscono ai creditori di intraprendere azioni esecutive durante lo svolgimento della procedura.

Le misure di protezione

misure di protezione

Una volta ricevuto il ricorso, il giudice valuta la sussistenza delle condizioni di ammissibilità e, in caso positivo, dichiara aperta la procedura del concordato minore con apposito decreto: il passaggio ha diverse rilevanze sostanziali, considerato che è proprio da qui che inizia l’iter che potrebbe portare alla ristrutturazione del debito.

Particolarmente rilevanti sono le misure protettive che il giudice può disporre su richiesta del debitore, con l’obiettivo di impedire – fino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo – l’avvio o la prosecuzione di azioni esecutive individuali, il disporre di sequestri conservativi o l’acquisizione di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo anteriore. La protezione risulta fondamentale per consentire al debitore di attuare il piano proposto senza la pressione di azioni esecutive pendenti.

L'approvazione e l'omologazione

Come sopra già anticipato, il meccanismo di approvazione del concordato minore si basa sul consenso dei creditori. Con il decreto di apertura della procedura, infatti, il giudice assegna ai creditori un termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale devono comunicare all’OCC la loro adesione o mancata adesione alla proposta, eventuali contestazioni incluse.

Per l’approvazione è necessario il consenso dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Una volta scaduto il termine per le adesioni, se viene raggiunta la percentuale richiesta e in assenza di contestazioni, il giudice verifica l’ammissibilità giuridica e la fattibilità del piano, procedendo poi all’omologazione del concordato minore con sentenza, che dispone anche adeguate forme di pubblicità.

L’esecuzione e le possibili revoche

possibili revoche

L’omologazione non rappresenta però la conclusione dell’iter, ma solo l’inizio della fase esecutiva. Il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario per dare esecuzione al piano omologato, rispettando gli impegni assunti nei confronti dei creditori.

Tuttavia, in caso di frode o inadempimento del debitore, il giudice può disporre la revoca dell’omologazione, d’ufficio o su istanza di un creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato.

La revoca comporta evidentemente conseguenze significative: su istanza del debitore o, nei casi di frode o inadempimento, anche di un creditore o del pubblico ministero, il Tribunale può dichiarare aperta la procedura di liquidazione controllata, con implicazioni ben più severe per il patrimonio del debitore.

Con tali caratteristiche, il concordato minore rappresenta uno strumento piuttosto utile per affrontare in modo sostenibile situazioni di sovraindebitamento, offrendo una possibilità concreta di risanamento finanziario a chi, pur trovandosi in difficoltà, dispone di un piano sostenibile per il soddisfacimento dei propri creditori.

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