Liquidazione controllata: procedimento e ultime novità
La liquidazione controllata è uno degli strumenti più importanti nel panorama normativo del sovraindebitamento, soprattutto dopo le recenti modifiche apportate dal decreto legislativo 13 settembre 2024, n. 136.
Il provvedimento ha infatti introdotto cambiamenti significativi sia sul piano del coordinamento sistematico con la liquidazione giudiziale, sia attraverso una profonda revisione della formazione dello stato passivo e dei tempi di durata della procedura, con particolare attenzione all’accesso all’esdebitazione.
Chi può beneficiare della liquidazione controllata

La disciplina del sovraindebitamento, introdotta inizialmente dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3, ha trovato la sua collocazione definitiva nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). Con l’entrata in vigore del Codice il 15 luglio 2022, si è poi registrato un incremento significativo nell’applicazione delle procedure di sovraindebitamento, dovuto principalmente all’ampio ambito applicativo della normativa.
In questo ambito, la liquidazione controllata mantiene una vocazione omnicomprensiva che la rende applicabile a tutti i soggetti rientranti nella definizione di sovraindebitamento contenuta nell’art. 2, lett. c) del CCII.
Pertanto, a beneficiare di tale istituto non sono solo le figure espressamente tipizzate come consumatori, professionisti, imprenditori minori e agricoli, ma anche qualsiasi altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale o ad altre procedure liquidatorie previste dal Codice Civile.
Apertura, durata e accesso all'esdebitazione
Il decreto legislativo 136/2024 ha introdotto limitazioni significative all’apertura della liquidazione controllata su domanda del debitore persona fisica. La norma prevede infatti che la procedura sia aperta solo se l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) attesta la possibilità di acquisire attivo da distribuire ai creditori, anche mediante azioni giudiziarie.
Parallelamente, il decreto ha stabilito una durata minima della procedura di tre anni, creando un’importante convergenza temporale con il termine previsto per l’esdebitazione del sovraindebitato incapiente. Una modifica che mira a evitare calcoli opportunistici che potrebbero indurre il debitore a scegliere la liquidazione controllata al posto dell’esdebitazione per incapienza.
È poi importante sottolineare che, se la liquidazione del patrimonio viene completata prima, la procedura può essere chiusa anticipatamente su istanza del liquidatore, consentendo al debitore di accedere all’esdebitazione. Il decreto ha inoltre precisato che rientrano nella liquidazione controllata anche i beni che pervengono al debitore fino alla sua esdebitazione, dedotte le passività sostenute per il loro acquisto e conservazione.
Il ruolo cruciale degli OCC
Le novità normative hanno significativamente ampliato il ruolo degli Organismi di Composizione della Crisi. La relazione dell’OCC che accompagna la domanda del debitore deve ora contenere tre elementi fondamentali: una valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata, l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere obbligazioni, e l’attestazione sulla possibilità di acquisire attivo da distribuire ai creditori.
Tale ultima attestazione riveste particolare importanza poiché comporta valutazioni prognostiche sui probabili risultati dell’attività di liquidazione o sul possibile conseguimento di ulteriore attivo. Secondo l’interpretazione prevalente, tale attestazione vincola il tribunale nella decisione di apertura della procedura, salvo casi di manifesta illogicità.
Il parallelismo con la liquidazione giudiziale
Il decreto legislativo 136/2024 ha rafforzato i collegamenti sistematici tra la liquidazione controllata e la liquidazione giudiziale, inserendo nella disciplina della prima numerosi richiami alle corrispondenti previsioni della seconda, e portando alla sostanziale codificazione di indirizzi già consolidati nella giurisprudenza di merito e all’introduzione di novità significative.
Tra le novità, spicca il rinvio all’art. 216, comma 2 del CCII e alla disciplina del piano di riparto, per la quale è previsto il rinvio, senza alcuna clausola di compatibilità, a numerosi articoli del Codice. Collegamenti che rendono la liquidazione controllata una procedura più strutturata e coerente con l’impianto complessivo del Codice della Crisi.
Il procedimento di apertura della liquidazione controllata
Il decreto ha riformulato significativamente l’art. 271 del CCII, rimodellando l’istituto della domanda con riserva di presentare il piano e la proposta di ristrutturazione dei debiti del consumatore o di concordato minore. L’ambito di applicazione di questa norma resta limitato al caso in cui il debitore sia convenuto in un procedimento di apertura della liquidazione controllata su domanda del creditore.
Una novità rilevante è l’introduzione di una specifica disciplina dedicata alle misure protettive. Durante la pendenza del termine concesso al debitore per presentare la propria domanda, non può essere dichiarata aperta la liquidazione controllata e il giudice può concedere misure protettive su domanda del debitore stesso.
La rivoluzione nell'accertamento dello stato passivo
Una delle modifiche più radicali apportate dal decreto riguarda inoltre la formazione dello stato passivo. La nuova disciplina semplifica notevolmente il processo, limitando l’intervento del giudice delegato alla sola sede di reclamo.
Il procedimento prevede in particolar modo che il liquidatore predisponga un progetto di stato passivo e lo comunichi ai creditori interessati, i quali hanno quindici giorni per presentare osservazioni. In assenza di osservazioni, il liquidatore deposita lo stato passivo nel fascicolo informatico. In caso contrario, esamina le osservazioni, eventualmente modifica lo stato passivo e procede al deposito, senza necessità di una nuova comunicazione ai creditori.
Con il deposito nel fascicolo informatico, lo stato passivo diventa esecutivo e non è più modificabile, se non in seguito a opposizioni o impugnazioni. Il decreto disciplina anche la presentazione delle domande tardive, ammissibili solo se il ritardo è dipeso da causa non imputabile al creditore.
I crediti in prededuzione e la chiusura della procedura
Il decreto ha infine introdotto una specifica disciplina per i crediti prededucibili, che devono essere accertati secondo le modalità previste per la formazione dello stato passivo, con alcune eccezioni per i crediti non contestati e quelli sorti a seguito di liquidazione dei compensi.
Relativamente alla chiusura della procedura, il decreto ha apportato modifiche in chiave acceleratoria, prevedendo che essa avvenga con decreto motivato, su istanza del liquidatore o del debitore oppure d’ufficio. Il liquidatore, unitamente all’istanza di chiusura, deve depositare una relazione che dia conto di ogni elemento rilevante per la concessione o il diniego dell’esdebitazione.
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